
Ott
Il fenomeno ICO è stato per lo più inquadrato dai più come finanza “creativa” per finanziare progetti e start-ups che avrebbero visti preclusi canali ordinari di raccolta di capitale per lo sviluppo; i più sospettosi vedono le operazioni di Initial Coin Offerings (e, per analogia, lo stesso trading di cryptocurrencies sulla moltitudine di exchanges sviluppatisi come i funghi in autunno) alla stregua di strumenti per una brillante ripulitura di denaro di inconfessabile provenienza. I partigiani delle ICOs appaiono come un drappello sparuto di anarchico-finanzieri, un po’ Robin Hood e un po’ Gordon Gekko… insomma, una cosa da tenere a debita distanza, e da non commentare per evitare il ridicolo, come se i tulipani olandesi e gli “aeroplani”, i mutui sub-prime e i paesi emergenti non avessero esaurito l’incomprimibile ambizione degli esseri umani a farsi finanziariamente male da soli. Una scommessa fatta da persone di dubbia intelligenza e molto fine a se stessa !
Proviamo tuttavia ad inforcare degli occhiali speciali (quelli che riescono a curvare lo spazio e le immagini) e vediamo se non c’è qualcosa oltre lo sguardo, qualche spiraglio che faccia riflettere se vi sia un merito nel concedere alle ICOs una seconda vita…..come in una sorta di processo d’appello. Immaginiamo, con un po’ di fantasia, un mondo (post-ideologico) ove effettivamente possano essere proposti paradigmi coraggiosi e nuovi, ove anche in ambito finanziario sia possibile ripensare i meccanismi di governo nella creazione e redistribuzione del valore.
Come adolescenti pieni di entusiasmo e incoscienza, proviamo a sostituire alcune parole chiave con altre parole chiave (meno utilizzate ma non per questo di minor significato): ad esempio, supponiamo che “costo del capitale” lasci il campo a “allocazione del risorse“; “shareholders’ value ” sia sostituito da “stakeholders’ utilities“; infine, i “clienti” diventino “utenti“. In un paradigmatico e tangibile approccio ESG, il cryptocapitalismo rende possibile la nascita di nuove imprese/progetti che, grazie alla contribuzioni da parte degli utenti, raggruppano risorse che risultano destinate a sviluppare dei servizi precipuamente indirizzati ai contributori stessi (e per la parte non saturata, al libero mercato). Autentiche attività d’impresa, il cui successo commerciale consentirà agli utenti stessi (in qualità di tokenholders) di avere dei token sempre più apprezzati e, infine, renderà possibile anche ad investitori non utenti di trarre benefici finanziari iniziative economiche pressoché autogestite, di credibile responsabilità sociale ed intrinsecamente sostenibili. In questo scenario da sogno, la decentralizzazione finanziaria va a braccetto con la rivincita delle diseconomie di scale a favore del controllo delle esternalità, non mortificando le attitudine selettive di investitori precipuamente finanziari ma, piuttosto, ricercando forme di valorizzazione economica che coinvolgano il maggior numero di stakeholders. Le ICO indubbiamente esistono e di sharing economy se ne parla molto (spesso a sproposito); il gambling finanziario da parte del paesaggio (e , per molti versi, è meno patologico di altre forme, più o meno consapevole, di intrattenimento per adulti). La vera novità che ci ha regalato il CryptoCapitalMarkets non è nei mercati bensì nell’aver identificato una nuova famiglia di strumenti in grado di cambiare realmente il rapporto tra attività d’impresa e utilità condivise. Cercare di capire è un dovere morale, crederci è un’opportunità.